Da "I Vignaiuoli dei Colli Bolognesi" di Federico Aldrovandi
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Abituati come siamo a vivere freneticamente il presente e ad attendere il futuro con impazienza, un personaggio come Virgilio Sandoni, oggi, potrebbe apparire quasi fuori dal tempo, tanto è distante la sua concezione della vita dagli stereotipi che la modernità spesso ci impone.
Quando decisi di realizzare questo libro pensavo che i vignaioli come lui non esistessero più, o meglio, non fossero mai esistiti.
Non era vero. -
Nelle colline di Castello di Serravalle, in località Bersagliera, ha sede la cantina di uno fra i più seri, colti, appassionati e romantici produttori di tutto il comprensorio.
Come spesso capita, la vita ha portato il nostro a fare il vignaiolo più per scelta che per calcolo. -
E’ il 1971, quando vengono a mancare quasi contemporaneamente i suoi genitori, agricoltori da sempre e proprietari, fra gli altri terreni, di un vigneto di un ettaro e mezzo appena finito di impiantare.
Virgilio, fresco di studi in Filosofia, si trova di fronte ad un bivio per lui drammatico: continuare l’opera del padre o abbandonare tutto, terminare gli studi ed immergersi nel mondo accademico.
Col senno di poi, si potrebbe dire che la scelta di rimanere a contatto con la terra sia stata quella giusta, ma allora, se ci si mette nei panni di un giovane uomo che conosceva forse tutto della filosofia di Platone ma nulla di come si potava una vigna e soprattutto in anni in cui le campagne venivano sistematicamente abbandonate ed il tessuto sociale rurale disintegrato, mentre in città un lavoro sicuro e remunerato poteva non essere un’utopia, alcuni seri dubbi era plausibile farseli venire.
Ancora oggi Sandoni ricorda quella scelta come una delle più sofferte della sua vita. -
E’ così che di punto in bianco Virgilio si ritrova con le forbici da potare in mano e una cazzuola da muratore pronta per costruirsi la sua piccola cantina di vinificazione.
Nel 1974 il suo primo vino, fatto con metodi veramente artigianali e con le uve che altri non gli comprarono, perché ritenute scadenti ,venduto solamente sfuso.
Non c’è ancora nella zona una clientela che richiede vini imbottigliati, ma la qualità è molto buona e quasi maniacale la cura sia del vigneto che delle vinificazioni.
Selezione scrupolosissima di uve ben mature e nessun uso di chiarificanti e conservanti, fanno il resto: nel giro di pochi anni il vino di Sandoni è fra i più apprezzati. -
Perfettamente conscio dei limiti del suo “bagaglio enologico”, effettua viaggi in diversi periodi dell’anno per capire le varie lavorazioni, in tutte le zone viticole di grande tradizione sia d’Italia che di Francia e rimane impressionato soprattutto dalla grande somiglianza delle nostre colline con quelle di Sauternes.
Là, il Sauvignon la fa da padrone, i vigneti sono intervallati dai boschi di acacia da cui si ricava, come da noi in passato, la paleria per le vigne, le altitudini e le temperature sono simili a quelle di Castello di Serravalle. -
In lui è forte la volontà di realizzare un vino ispirato a quello prodotto dai nostri cugini e assaggiando il suo Sauvignon maturato in carato qualche analogia con il Sauternes non è difficile coglierla.
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I clienti però vogliono anche e soprattutto vini frizzanti belli limpidi ed impeccabili.
Un po’ controvoglia e solo per far quadrare i bilanci Sandoni realizza anche una Barbera e un Pignoletto Frizzanti ed acquista tutta l’attrezzatura più moderna per questo scopo. -
Nel corso degli anni i suoi vini, compresi un Cabernet Sauvignon ed una Barbera affinati in carati, un Pignoletto fermo e uno Chardonay vinificati in acciaio, mietono successi in anticipo sui tempi ed un po’ in controtendenza con i gusti locali, anche se perfettamente allineati a quelli del più ampio panorama enologico internazionale.
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Allergico a troppo fredde pratiche burocratiche ed insofferente dell’insipienza di chi vuole intromettersi limitando il suo libero spirito di scrupoloso ed onesto imprenditore, non avendo un carattere forse molto malleabile e rifiutando orgogliosamente di rispettare vuote regole a suo avviso inutili per il conseguimento della qualità più totale, Sandoni decide dalla vendemmia 2001 di non presentare più i suoi vini come D.O.C. ma di riqualificarli con Indicazione Geografica Tipica “ Emilia”.
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Analogo discorso vale per le etichette: stanco di sentirsi dire che erano anonime, che non comunicavano la sua filosofia di produzione, che erano brutte, un bel giorno ha deciso di prendere la sua fototessera e di metterla sull’etichetta dello Chardonnay, non un gesto esibizionista ma provocatoriamente di grande dignità e onestà: in questa bottiglia ci sono io, vuole dire, con le mie fatiche, le mie inquietudini, le mie poche certezze, la mia disponibilità al confronto.
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In ciascuna delle sue bottiglie è ben visibile una frase di Eraclito di Efeso: “ Per gli uomini, che accada tutto ciò che desiderano, non è la cosa migliore”.
Se assaggiamo il suo Kaos, Pignoletto elevato in barriques e spumantizzato con il metodo Charmat lungo, o respiriamo il profumo della sua bellissima cantina, ci rendiamo presto conto che per noi, la cosa migliore, e’ stata che il signor Virgilio Sandoni, a suo tempo, abbia deciso di fare il Filosofo-Vignaiuolo.